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Arte

PAROLA, COLORE, SUONO

Linguaggio e sinestesia nell’arte contemporanea

(Parte prima)

di Amj

(07/07/2023)

Un complesso fenomeno di contaminazione tra scrittura e immagine, tra spazio verbale e spazio visivo cominciò a manifestarsi a partire dalle Avanguardie dei primi del Novecento, ma ebbe il suo inizio con la concezione di opera d’arte totale cui aspirarono moltissimi artisti già dalla fine dell’Ottocento. Richard Wagner sosteneva che le singole arti avrebbero dovuto uscire dal proprio isolamento e che la forma ideale di opera d’arte totale era il dramma, in cui tutte le espressioni artistiche dovevano raggiungere la massima perfezione. Un esempio di opera d’arte totale che è possibile citare è la realizzazione di un padiglione nel 1902, in occasione della XIV mostra della Secessione viennese, in cui gli artisti Secessionisti tentarono una fusione di architettura, pittura, scultura e musica. Il padiglione fu progettato da Hoffmann per ospitare la statua di Max Klinger raffigurante Beethoven ed il ciclo decorativo realizzato da Gustav Klimt è un riferimento alla Nona di Beethoven, in particolare alla interpretazione che Richard Wagner ne fece. Gustav Malher ne eseguì un adattamento il giorno dell’inaugurazione.

La XIV esposizione della Secessione viennese, 1902 Gustav Klimt, 'Fregio di Beethoven', particolare
La XIV esposizione della Secessione viennese, 1902 Gustav Klimt, 'Fregio di Beethoven', particolare
In letteratura questo concetto venne espresso da Baudelaire nel suo famosissimo sonetto Corrispondenze, in cui il poeta afferma che nel mondo della natura ”i profumi, i colori e i suoni si rispondono”, cioè che esistono dei rapporti non immediatamente evidenti, delle analogie profonde tra le diverse modalità di percezione. Arthur Rimbaud andò oltre con il famosissimo sonetto Voyelles, in cui ad ogni vocale associò un colore, nonché un’immagine simbolica emersa nella sua coscienza. Il poeta, come egli stesso sosteneva, deve farsi veggente ampliando le proprie capacità sensoriali. Secondo alcuni critici le associazioni tra vocali e colori possono aver avuto origine dal ricordo che il poeta aveva dell’abbecedario studiato nell’infanzia, ove le vocali erano raffigurate con i medesimi colori; molto probabilmente Rimbaud scrisse il sonetto durante un suo soggiorno a Parigi dove frequentava Verlaine, i cui amici si occupavano dei rapporti tra suoni e colori e di una possibile trascrizione della pittura in musica.
Importanti furono le ricerche di molti artisti volte ad approfondire le corrispondenze di suono e colore, tra cui spiccano gli scritti di Wassily Kandinskij e le composizioni di Aleksandr Scrjabin, destinate a rappresentazioni non esclusivamente musicali, ma che potremmo definire multi-sensoriali. Molteplici furono le esperienze delle Avanguardie di primo Novecento, tra cui citiamo il paroliberismo futurista, i calligrammi di Apollinaire, la poesia dada, per giungere alle molteplici e differenziate esperienze verbo-visuali della seconda metà del secolo scorso, di cui le più note sono sicuramente quelle della poesia concreta e della poesia visiva. Quegli artisti ricercavano il superamento della tradizionale cesura tra le arti attraverso il passaggio da una concezione estetica, in cui ogni espressione artistica viene intesa “a senso unico”, volta ad essere percepita con uno solo dei nostri sensi, ad una concezione ‘sinestetica’, basata al contrario su una percezione simultanea e multisensoriale.

Una caricatura del 1888 che raffigura Arthur Rimbaud Il testo della poesia 'Voyelles'
Una caricatura del 1888 che raffigura Arthur Rimbaud Il testo della poesia 'Voyelles'

Il concetto di Sinestesia

Il termine sinestesia fu coniato alla fine dell’Ottocento dal fisiologo Alfred Vulpian, il quale parlava di sensazioni secondarie derivate da una sensazione primitiva che può essere provocata da uno stimolo esterno oppure interno, vale a dire una simultaneità di sensazioni che può scaturire dall’ambiente esterno, ma può essere frutto della nostra mente, della nostra memoria, come accadeva a Marcel Proust quando assaporava una madeleine che rievocava in lui lontani ricordi di infanzia. In poesia o in prosa è compito della parola quello di evocare, richiamare alla mente immagini legate ad un altro tipo di percezione sensoriale. Si tratta di associazioni mentali, metafore che hanno in realtà una storia antica; già Omero scriveva di ’voci di giglio’, Vitruvio definiva l’architettura ‘musica raggelata’ ed in tempi più recenti Mallarmè racconta di ’stelle profumate’. Nelle arti visive, sono le opere basate sulla mimesi, aventi le caratteristiche del trompe-l’oeil e capaci di mettersi in competizione con la realtà, maggiormente capaci di suscitare in noi fenomeni sinestetici, come ad esempio le nature morte fiamminghe del Seicento o del Settecento o le fotografie iperrealistiche della pubblicità capaci di stimolare il nostro senso olfattivo o gustativo. Si può parlare di sinestesia anche quando un artista come Kandinskij intitola alcune sue opere “improvvisazioni”, creando così un parallelo ben preciso tra metodi compositivi pittorici e musicali, oppure quando alcuni musicisti hanno intitolato le loro composizioni in modo da evocare gli altri sensi, in particolar modo la vista, come la sonata Al chiaro di luna di Beethoven o la suite per pianoforte Quadri di un’esposizione di Musorgskij.

Wassily Kandinskij, 'Improvvisazione 26', 1912 Heda Willem Claesz, Natura morta, 1631
Wassily Kandinskij, 'Improvvisazione 26', 1912 Heda Willem Claesz, 'Natura morta', 1631

I rapporti tra suono e colore

Agli inizi del Novecento le ricerche del pittore Wassily Kandinskij e del musicista Aleksandr Nikolaevic Skrjabin si mossero in parallelo nella ricerca di corrispondenze tra suoni e colori. Ne “Lo spirituale nell’arte” Kandinskij auspica la nascita di un’arte monumentale che sia il frutto di una integrazione tra le diverse arti, accomunate dalla medesima tensione verso l’astrazione e l’interiorità; il modello a cui devono ispirarsi le varie forme d’arte è la musica, che già da tempo non usa i suoi mezzi per imitare la natura ma per esprimere la vita interiore dell’artista. L’artista russo evidenzia che il colore possiede una forza psichica che fa emozionare l’anima”, che esso è capace di evocare sensazioni non esclusivamente visive ma anche tattili, quando si parla di tinte fredde e di tinte calde, e che possiede un suono interiore. Kandinskij effettua, inoltre, dei parallelismi tra i vari colori e i suoni generati dai diversi strumenti musicali; così l’azzurro assomiglia a un flauto, il blu a un violoncello, il giallo al suono di una tromba, l’arancione al suono di ’una campana che invita all’Angelus’, il bianco e il nero sono invece paragonabili alle pause musicali.

L'opera ' I colori della tastiera del 'clavier à lumières' di Skrjabin
F. Tommaso Marinetti, F. T. Marinetti, Bombardamento aereo n. 67, 1915–16 I colori della tastiera del 'clavier à lumières' di Skrjabin

Dal canto suo Skrjabin ebbe la brillante idea di progettare e costruire uno strumento musicale a tastiera che chiamò clavier à lumières e che in realtà non produceva suoni ma proiettava luci colorate su un’apposito schermo che doveva situarsi sul palcoscenico. Questo strumento ‘suonava’ grazie ad una tabella di corrispondenze tra tonalità musicali e tonalità cromatiche, basata su simbologie esoteriche ed impresssioni soggettive. Secondo questa tabella il DO corrispondeva al rosso, il SOL al rosa-arancione, il RE al giallo, il LA al verde, il MI al bianco-azzurro, il FA diesis al blu vivo, il RE bemolle al violetto, il LA bemolle al violetto-porpora, il MI bemolle al grigio acciaio, SI bemolle il grigio acciaio, il FA al rosso bruno. Fu nelle prime rappresentazioni del suo Prometeo che venne utilizzato tale strumento, proiettante colori su uno schermo, mentre nell’opera, purtroppo incompiuta, Mysterium il musicista avrebbe dovuto realizzare una corrispondenza monumentale tra suoni, colori, movimenti coreografici e persino profumi, profusi in abbondanza nella sala. È evidente la forte influenza che le teorie psicologiche della GESTALT ebbe su entrambi gli artisti. Uno dei massimi teorici di questa corrente, Wolfgang Köhler asseriva infatti che tra i diversi sensi vi sono delle affinità sostenendo che: ”chiarezza e oscurità sono attributi comuni all’esperienza visiva e a quella uditiva” e ancora che “un aggettivo come dolce si può usare non solo per una superficie che tocchiamo, ma anche per il suono di una voce e per l’abboccato di un vino”. Il quadro che ne emerge è quello di un’accurata ricerca di una interrelazione tra i sensi, che finisce col generare una visione non più semplicemente estetica, ma sinestetica dell’opera d’arte; si può parlare, di conseguenza, di una fruizione sinestetica pluri-sensoriale, cioè rivolta a tutti i sensi.