Le immagini miracolose nella Roma Medievale di Amj (26/04/2023) |
A Roma nel Medioevo non vi fu un vero e proprio santo patrono della città, ma vi era una ricchezza tale di immagini della Vergine, come gli affreschi, le pitture ed i mosaici che adornavano le chiese, nonché la lunga serie di icone molto venerate e spesso ritenute miracolose, da indurci a pensare che in realtà questo ruolo sia stato svolto proprio dalla Madonna. Non c’è da stupirsi se in tempi più recenti, il 30 maggio del 1948, la città eterna verrà consacrata al Cuore Immacolato di Maria. Le primissime raffigurazioni della Madonna sono di epoca paleocristiana e si trovano nelle catacombe romane; le più antiche sono situate in quella di Priscilla, quali la “Madonna con il Profeta”, che è la più vecchia e risale probabilmente alla metà del II secolo, un’adorazione dei Magi ed un’Annunciazione. Dal V secolo in poi, invece, un tema molto comune nelle raffigurazioni mariane era quello di Maria Regina, in cui la Madonna viene raffigurata con abiti regali e attributi caratteristici della regalità, ad esempio nei mosaici dell’arco trionfale di S. Maria Maggiore, che risalgono alla prima metà del V secolo, in cui la Vergine è raffigurata in abiti tessuti d’oro e tempestati di gemme e circondata da angeli. Tra VII e VIII secolo per diversi motivi, tra cui la crisi iconoclasta e l’espansione araba nei territori bizantini, giunsero a Roma molti religiosi di origine orientale e in Urbe fondarono diverse comunità monastiche di lingua greca; quegli ecclesiastici portarono con sé leggende e liturgie della tradizione orientale, come le quattro feste mariane che nel VII secolo furono introdotte a Roma: l'Ipapante o festa dell'incontro della Sacra Famiglia con Simeone nel Tempio (2 febbraio), la Dormizione o Assunzione (15 agosto), l'Annunciazione (25 marzo), la Natività di Maria (8 settembre). Insieme alle feste giunse a Roma anche la tradizione iconografica orientale e molto probabilmente un certo numero di icone, mariane e non, arrivarono dall’Oriente; si trattava di pitture su tavola che erano molto venerate perché considerate opere di San Luca e nel corso dei secoli furono ritenute miracolose. Vi è, infatti, una tradizione molto antica che afferma che San Luca avesse raffigurato Maria.
La Madonna con il Bambino e un Profeta che indica una stella, Catacombe di Priscilla, Roma | Annunciazione, mosaico, basilica di Santa Maria Maggiore a Roma |
In Oriente, nei santuari mariani che custodivano le reliquie di Maria, si fissarono delle tipologie iconografiche per la raffigurazione della Madonna. Nel monastero della Chalcopratia a Costantinopoli, ove si custodivano la veste e la cintura di Maria, nacque la tipologia dell’Haghiosoritissa (da “haghia soròs”, cioé ‘santa reliquia’), dalla quale deriva la Madonna “Advocata” come quelle, in Roma, di Santa Maria in Aracoeli, di San Sisto, di San Lorenzo in Damaso, di Santa Maria in Campo Marzio, di Santa Maria in Via Lata e di Sant’Alessio sull’Aventino. Il tipo della Hodighitria, in cui la Vergine tiene in braccio il Bambino e lo indica con la mano destra, è di origine più incerta ma probabilmente significa colei che indica la via ed è la protettrice di viandanti e pellegrini. Tra le icone più antiche si distingue quella di Santa Maria Nova, l’odierna chiesa di Santa Francesca Romana, che risale al V secolo, forse proveniente dalla Palestina o da Costantinopoli e che è riconducibile al tema iconografico della Hodighitria; essa è chiamata la “Madonna del Conforto”. Altre icone molto venerate sono collocabili nel periodo che va dal VI all’VIII secolo, come la Madonna di San Sisto (oggi conservata nel convento di S. Maria del Rosario) o la Salus Populi Romani tuttora custodita nella Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore. Vi sono poi icone che sono state importantissime per la città, come quella dell’Aracoeli o la Madonna di S. Maria del Popolo, che furono realizzate in epoche successive, risalenti rispettivamente all’XI ed al XIII secolo. L’icona più misteriosa e più antica è sicuramente quella del Cristo Lateranense, considerata un’acheropita, un termine che deriva dal greco e significa “non fatto da mano umana”, volendo significare che certe immagini hanno un’origine divina e quindi possiedono poteri miracolosi; essa potrebbe risalire addirittura al I secolo ed è tuttora custodita nella cappella di San Lorenzo, chiamata in seguito “Sancta Sanctorum” in quanto custode di diverse reliquie, che era l’oratorio personale del Papa e solo lui poteva officiarvi la messa.
L'icona Salus Populi Romani in Santa Maria Maggiore a Roma | L'icona del Cristo Lateranense, cappella Sancta Sanctorum, Roma |
Queste antiche icone, collocate nelle chiese più importanti di Roma, non erano soltanto oggetto di venerazione da parte della popolazione, bensì venivano portate in processione in occasione di minacce incombenti, quali l’eventualità di una invasione o il diffondersi di epidemie, come fossero dei palladi cui era affidato il difficile compito di difendere e proteggere la popolazione. La processione più importante si svolgeva nella notte tra il 14 ed il 15 agosto, partiva dal Laterano, passava per il Foro e giungeva alla basilica di S. Maria Maggiore. Era l’icona del Cristo Lateranense ad essere portata in processione incontrando prima l’icona mariana in S. Maria Nova e poi quella della Salus Populi Romani in S. Maria Maggiore. L’acheropita veniva messo sopra una portantina illuminata da molte fiaccole e anche le strade del percorso venivano illuminate dalle molte lanterne posizionate sui muri delle case. Percorrendo la via sacra si passava per i Fori ed il Colosseo per giungere alla basilica di S. Maria Maggiore, dove Cristo incontrava la madre per portarne l’anima in cielo. Il papa celebrava la messa e si attendeva l’alba, essendo proprio il sorgere del sole il simbolo dell’assunzione in cielo. Durante le soste che scandivano ritmicamente la processione avveniva il rituale del lavaggio dei piedi del Cristo acheropita, con unguenti ed essenze di basilico. L’Acheropita Lateranense divenne, nel corso del medioevo, sempre meno visibile. Papa Innocenzo III (1198-1215) ne fece rivestire il corpo, eccetto il viso ed i piedi, con una lamina in argento tuttora presente seppure molte volte rimaneggiata. Alessandro III (1151-1181) stabilì che il volto del Cristo fosse nascosto da un velo di seta che ne riproduceva la fisionomia, che è quel che tuttora noi vediamo. Del resto della pittura originale non restano che pochi frammenti, forse a causa dei lavaggi con acqua e aceto cui era sottoposta la tavola il giorno della processione dell’Assunzione. A partire dal XII secolo cominciò la trasformazione della processione di ferragosto in un rituale comunale, quando cominciarono a parteciparvi anche i rappresentanti delle istituzioni comunali. Si deve tenere presente che in tutte le processioni non veniva trasportata soltanto un’icona ma ogni confraternita, ogni corporazione di mestiere, i vari gruppi religiosi e laici portavano una gran quantità di reliquie, gonfaloni, emblemi, candelabri, stoffe e oggetti sacri. La grande fortuna di molte icone era dovuta anche al fatto che esse venivano considerate miracolose, dotate di poteri taumaturgici. Riguardo all’icona della Salus Populi Romani, la diffusione nel XII secolo della leggenda del miracolo compiuto ai tempi del pontificato di Gregorio Magno la trasformò da immagine venerata in immagine miracolosa. Negli anni 589-590, infatti, una gravissima epidemia di peste colpì l’Urbe; la leggenda racconta che Gregorio Magno avesse fatto portare l’icona in processione per tutta la città e che il papa, inoltre, avesse avuto la visione dell’arcangelo Michele apparsogli nell’atto di rinfoderare la spada, a volergli comunicare che la collera divina era cessata ed effettivamente la peste cessò.
Icona della Madonna di San Sisto, Roma | Icona della chiesa dell'Aracoeli, Roma | Icona della chiesa di Santa Maria in via Lata, Roma |
Nel corso del tempo un’altra icona mariana acquistò sempre maggiore importanza, la Madonna dell’Aracoeli, un’icona che segue lo schema iconografico della Madonna Advocata (Il termine Advocata è la trasposizione latina del termine greco Haghiosoritissa) e che raffigura la Madonna a mezzo busto senza il Bambino; è una copia, realizzata per contatto, della più antica Madonna del Monasterium Tempuli detta anche di San Sisto. La Madonna di San Sisto era anticamente collocata nella chiesa di Santa Maria in Tempulo e successivamente trasferita, nel 1221, nella chiesa di San Sisto presso le terme di Caracalla; attualmente è conservata nel convento del Rosario a Monte Mario. Anche questa raffigurazione della Madonna era considerata un’immagine acheropita e fu artefice di un evento miracoloso; la leggenda, diffusasi a partire dall’XI secolo, racconta di come quest’icona fosse tornata miracolosamente al convento delle monache benedettine, ove era collocata, dopo il tentativo di papa Sergio III nel X secolo di trasferirla al Sancta Sanctorum. Molti monasteri di Roma vollero una copia di quest’icona, considerandola un simbolo di autonomia; essa risale ad un periodo che va dal VII all’VIII secolo, fu realizzata con l’antichissima tecnica dell’encausto, tipica delle icone più antiche ed è caratterizzata da un forte naturalismo di origine ellenistico-romana. L’icona dell’Aracoeli forse è una copia della Madonna di San Sisto; difatti, essa è stata dipinta mediante la tecnica della tempera e stilisticamente appare una rigida semplificazione in senso romanico che perde, rispetto all’originale, in bellezza ed in vivacità naturalistica. Il restauro del 1938 rivela che ad essere originali sono soltanto il volto e la mano destra della Madonna; le altre parti, cioè il manto, la mano sinistra e la parte posteriore del collo sono posteriori e risalgono al XII secolo, mentre la doratura sembra essere un intervento del XIV secolo. La Madonna dell’Aracoeli fu eseguita per l’antica chiesa benedettina di Santa Maria de’ Capitolio, ma nel XIII secolo ai Benedettini subentrarono i Francescani e la precedente struttura architettonica divenne il transetto della nuova chiesa francescana, che svolgeva la funzione di cappella del comune, essendo così vicina ai luoghi del potere pubblico. Quando a Roma scoppiò l’epidemia di peste nera nel 1348, molto probabilmente fu l’icona dell’Aracoeli ad essere portata in processione per chiedere l’aiuto divino e in seguito nacque la leggenda secondo cui l’Angelo scultoreo di Castel Sant’Angelo si sarebbe inchinato al passaggio della Madonna. Cessata l’epidemia, per ringraziare la Madonna fu costruita l’imponente scalinata che porta alla chiesa di Santa Maria in Aracoeli.
Icona della chiesa di Santa Maria del popolo, Roma |
Tra le altre importanti icone mariane presenti a Roma vi è quella custodita in Santa Maria del Popolo, risalente alla seconda metà del XIII secolo e anch’essa considerata acheropita, che fu portata in processione da Sisto IV nel 1470 quando si temeva un possibile attacco turco all’Urbe. Nella chiesa di Sant’Agostino si trova un’icona che si credeva essere giunta da Costantinopoli via mare, dopo la caduta della città nel 1453; quando nel 1483 scoppiò a Roma una grave epidemia di peste, papa Innocenzo VIII portò tale icona in processione per le strade di Roma e la pestilenza cessò nel 1486. Nella chiesa di Santa Maria in Campo Marzio è custodita un’altra Madonna Advocata, databile non oltre il XII secolo, dipinta con colori traslucidi molto simili alle lacche orientali. Riguardo alla Madonna di Santa Maria in Via Lata si narra la leggenda di un miracolo, la guarigione del figlio dell’esarca di Ravenna Teofilatto, forse la copia di una icona più antica; la sua particolarità consiste nella scritta in basso, sulla sua cornice, con la dicitura “Fons Lucis Stella Maris”. Il culto di queste immagini sacre ritenute miracolose continuò anche nei secoli successivi. La stessa Santa Francesca Romana era molto devota alla Madonna di Santa Maria in Aracoeli e andava a pregare quasi tutti i giorni trovando la sacra immagine quasi sempre chiusa dagli sportelli; difatti queste icone sacre erano visibili alla popolazione soltanto in occasione delle festività. Ma sembra che nonostante gli sportelli o i veli che nascondevano l’immagine la santa ottenesse sempre una risposta dalla Madonna. Le visioni di Santa Francesca Romana mostrano con evidenza come le immagini sacre siano strettamente legate al mondo della visione mistica, del miracolo, dell’evento eccezionale che rinvigorisce la fede. Erano le immagini viste e pregate nelle chiese le protagoniste delle visioni mistiche, come quella che Santa Francesca ebbe in sonno di Sant’Alessio; visione che la guarì dalla malattia che l’aveva colpita.